- Allontanati dalle allitterazioni, anche se allettano gli allocchi.
- Non è che il congiuntivo va evitato, anzi, che lo si usa quando necessario.
- Evita le frasi fatte: è minestra riscaldata.
- Esprimiti siccome ti nutri.
- Non usare sigle commerciali & abbreviazioni etc.
- Ricorda (sempre) che la parentesi (anche quando pare indispensabile) interrompe il filo del discorso.
- Stai attento a non fare... indigestione di puntini di sospensione.
- Usa meno virgolette possibili: non è "fine".
- Non generalizzare mai.
- Usare le parole staniere non è bon ton e potrebbe portare a misunderstandings.
- Sii avaro di citazioni. Diceva giustamente Emerson: "Odio le citazioni. Dimmi solo quello che sai tu".
- I paragoni sono come le frasi fatte.
- Non essere ridondante; non ripetere due volte la stessa cosa; ripetere è superfluo (per ridondanza s'intende la spiegazione inutile di qualcosa che il lettore ha già capito).
- Solo gli stronzi usano parole volgari.
- Sii sempre più o meno specifico.
- La litote è la più straordinaria delle tecniche espressive.
- Non fare frasi di una sola parola.
Eliminale. - Guardati dalle metafore troppo ardite: sono piume sulle scaglie di un serpente. Non usare metafore incongrue anche se ti paiono "cantare": sono come un cigno che deraglia.
- Metti, le virgole, al posto giusto.
- Distingui tra la funzione del punto e virgola e quella dei due punti: anche se non è facile.
- Se non trovi l'espressione italiana adatta non ricorrere mai all'espressione dialettale: peso el tacòn del buso.
- C'è davvero bisogno di domande retoriche?
- Sii chiaro e coinciso, cerca di condensare i tuoi pensieri nel minor numero di parole possibile, evitando le frasi lunghe - o spezzate da incisi che inevitabilmente confondono il lettore poco attento (o di scarsa sottigliezza) - affinché il tuo discorso, ancorché utile, non contribuisca a quell'inquinamento dell'informazione che certamente (specie quando il tuo periodare sia inutilmente farcito di precisazioni ultronee, termini obsoleti, anafore o catafore poco disambiguabili, ircocervi lessicali) è sempre segno di mala affectatio - e pertanto non indulgere ad arcaismi, apax legomena o altri lessemi inusitati, e soprattutto guardati da quei tecnicismi che eccedono le competenze cognitive del destinatario, evitando pertanto deep structures rizomatiche (per quanto ti appaiono come altrettante epifanie della differanza grammatologica e invitino alla deriva decostruttiva) - ma peggio ancora sarebbe se risultassero eccepibili allo scrutinio di chi legga con acribia ecdotica.
- Gli accenti non debbono essere nè scorretti nè inutili, perchè chi lo fà sbaglia.
- Non si apostrofa un'articolo indeterminativo prima di un sostantivo maschile.
- Non essere enfatico! Sii parco con gli esclamativi!
- Neppure i peggiori fans dei barbarismi pluralizzano i termini stranieri.
- Scrivi in modo esatto i nomi stanieri, come Beaudelaire, Rooswelt, Niezsche, e simili.
- Nomina direttamente autori e personaggi di cui parli, senza perifrasi. Così faceva anche il maggior scrittore lombardo del XIX secolo, l'autore del "Cinque maggio".
- All'inizio del discorso usa la captatio benevolentiae, per ingraziarti il lettore (ma forse siete così stupidi da non capire neppure quello che vi sto dicendo).
- Cura puntiliosamente l'ortograffia.
- Inutile dirti quanto sono stucchevoli le preterizioni.
- Non andare troppo sovente a capo.
Almeno,
non quando non serve. - Non usare mai il plurale majestatis. Siamo convinti che faccia una pessima impressione.
- Non confondere la causa con l'effetto: saresti in errore e dunque avresti sbagliato.
- Non costruire frasi in cui la conclusione non segua logicamente dalle premesse: se tutti facessero così, allora le premesse conseguirebbero dalle conclusioni.
- Non devi essere prolisso, ma neppure devi dire meno di quello che.
- Una frase compiuta deve avere
Umberto Eco, Sator arepo eccetera, pp. 40-46, Nottetempo, Roma, 2006.
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S A T O R
A R E P O
T E N E T
O P E R A
R O T A S
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